Be sweet, be a Mother

Crescere i figli… tra alto contatto ed ironia


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Io non lascio piangere mio figlio

Sostanzialmente dovrei farmi una carriola di fatti miei, lo so.
E’ che ad un certo punto anche le più empatiche si smaronano di trovare attenuanti, cercare di capire, giustificare…
Io poi su questo parto svantaggiata in partenza, è una questione caratteriale, c’aggia fa.
Anche stamattina il bambino si è svegliato in orario poco confortevole per i suoi genitori (devo ancora capire quale sia il loro orario accettabile onestamente…), ha iniziato a chiamare la sua adorabile mamma, che come è usanza non gli ha dato cenni di vita dall’altra stanza, ed è stato un crescendo di urla e disperazione.
A questo punto (che possono essere le due, le tre o le quattro di notte, come anche le cinque o le sei di mattina) di solito io e mio marito ci stringiamo la mano e sospiriamo, ben sapendo l’uno dell’altro che abbiamo gli occhi spalancati verso il soffitto e l’ansia che sale per il dispiacere di quel pianto.
Nella mia mente in questo lasso di tempo passano circa centocinquanta insulti la cui volgarità è direttamente proporzionale all’ incrementarsi del volume del richiamo verso la madre.
Dopo una decina di minuti abbondanti la pia donna decide di alzarsi dal proprio giaciglio (buondì signora! Alla buon’ora! Caffè?!) e trova che la cosa più giusta da farsi sia urlare al figlio di pochissimi anni “NON DEVI GRIDARE!!!!”.
Signora mia, non è che suo figlio non deve gridare, è lei che, glielo dirò con un’espressione in Dolce Stil Novo, deve alzare quel culo e fare il suo dovere: accudirlo, rincuorarlo, coccolarlo.

Il concetto del continuum
Secondo questa visione, per raggiungere un’ottimale sviluppo fisico, mentale ed emozionale gli esseri umani necessitano delle esperienze alle quali la nostra specie si è adattata nel corso del lungo processo di evoluzione.
Queste esperienze includono per un bambino:
– contatto fisico costante con la madre (o con un altro adulto) a partire dalla nascita;
– dormire assieme ai genitori, finché egli stesso non lascia il lettone di sua volontà;
– allattamento a richiesta – ovvero in risposta ai suoi segnali;
– essere portato costantemente in braccio o comunque in contatto di qualcuno, generalmente la madre, e poter osservare (o succhiare, o dormire) mentre la persona che lo porta si occupa delle proprie normali attività – finché non comincia a muoversi di sua iniziativa;
– risposta immediata al pianto o altre segnalazioni di disagio da parte di chi si occupa di lui. Ciò avviene senza fastidio, giudicare il suo comportamento o mettere in discussione che egli esprima delle necessità reali;
– percepire (ed accontentare!) l’aspettativa degli adulti in merito alla sua natura sociale e cooperativa e al suo forte istinto di sopravvivenza. Sentirsi incondizionatamente benvenuto e stimato per il proprio valore intrinseco.


Quando un essere umano riceve questo dalla nascita, si sente bene nella sua pelle, contento di se stesso e non dubita del proprio valore; è naturalmente sociale e sa comportarsi nello stesso identico modo verso i suoi simili.

“Quando cresci sentendo sempre dall’autorità primordiale, dai tuoi genitori, che sei benvenuto e apprezzato per quello che sei, questa sicurezza e questa pace ti accompagneranno per tutta la vita. Gli adulti si comportano diversamente soltanto quando soffrono per come sono stati trattati loro stessi da bambini.”
Jean Liedloff

continuum


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Dedicato al tuo papà

padre

Si alzano dopo un po’ di coccole, il paperino è sveglio da un po’ e non ha più pazienza, il ragazzo con la barba invece è lento a carburare la mattina…
Li guardo uscire dalla stanza: lui è così piccolo e l’altro è così giovane… Non ci penso quasi mai.
Mi giro dall’altra parte per colpa di un’influenza che non molla, di solito a quest’ora sono già fuori casa.
Dalla cucina li sento chiacchierare mentre fanno la colazione, il ragazzo è sempre gentile con il paperino, gli chiede “Succo o latte? Cereali o biscotti?” ed il piccolo così educato che mi stupisco sempre, dice “Per favore” e “Grazie mille!”.
Poi viene il momento di lavarsi, il ragazzo con la barba sa essere dolce e deciso nello stesso tempo, dice “Forza Amore, fai da solo 🙂 ” ed il paperino non discute di ogni cosa come invece fa con me.
Gli invidio un po’ questo “trattamento riservato”, ma ormai sono consapevole delle diverse dinamiche che animano i nostri ruoli.
Ridono, scherzano, ogni tanto si schioccano un bacio e parlano moltissimo: è un piacere ascoltarli.
Quando aprono la porta del bagno il bambino è vestito e profumato, canta, corre, ride, è molto felice, come non avevo mai immaginato che fosse prima di andare alla scuola materna.
Mi salutano e sulla soglia il ragazzo dice “Io ho il mio sacchettino e tu?”, il bambino prende la sua bavaglia pulita e si avviano mano nella mano.
Il ragazzo tanti anni fa mi disse che il suo desiderio più grande era farsi una famiglia, che ce l’avrebbe messa tutta e sarebbe stato un bravo papà.
Era vero.

“…So for once in my life
let me get what I want
Lord knows it would be the first time
Lord knows it would be the first time…”


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“Mamma perché mi avete fatto?” :)

Abbracciati nel piumone, in procinto di dormire, ieri sera mio figlio se ne esce così, a bruciapelo:

“Mamma perché mi avete fatto?”
“Cosa ti abbiamo fatto, Amore?”
“Me. Perché avete fatto me?”
“…Per volerti bene.

Ho avuto solo un attimo di esitazione, non perché non sapessi la risposta, ma perché avrei voluto dire tante cose, eppure tutte insieme non sarebbero bastate ed alcune non le avrebbe nemmeno capite…

Amore mio, ti ho fatto…

per emozionarmi al test positivo,

per accarezzarti nel pancione,

per aspettarti, in tutti i sensi;

per abbracciarti appena nato e sorridere del tuo naso a patata schiacciato dal parto,

per proteggerti, sempre;

per guardarti mentre dormi,

perché aggiungessi il tuo disordine al mio,

per cantarti le ninne nanne,

per parlare la sera nel lettone, prima di dormire,

per impastare il pane insieme,

per stare sul divano a guardare la TV,

per giocare di nuovo,

per stupirmi di te, di come tu sia unico, e per sorridere quando invece mi somigli;

perché solo grazie a te ho avuto ed avrò una serie infinita di prime volte, dal ginocchio che si sbuccia al primo giorno di scuola,

perché eri nei miei pensieri da tanto tanto tempo…

Amore mio, ti ho fatto per provare un amore che altrimenti non esiste ❤


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I diritti del mio bambino

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Il 20 novembre si celebra la “Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza“.
Le tematiche affrontate sono profonde ed importanti, troppi bambini vengono sfruttati ed abusati ogni giorno in ogni parte del mondo, non serve certo che ve lo ricordi.
In mezzo a tanti argomenti molto delicati che non mi permetto di affrontare, stilo la mia personale lista, perché a volte anche i bambini più fortunati si vedono negare alcuni diritti, assolutamente non paragonabili, ma comunque tali.

Io con la mia mamma

Io con la mia mamma

Il diritto di dire NO

No al parco, no alla piscina, no agli spinaci, no a Continua a leggere


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“Sei una mamma senza polso.” Ma vaffanculo, va.

consigli non richiesti

Danno dei mitra gratis contro chi predica basso contatto, aggravato dal “a vanvera”, aggravato ulteriormente dal fatto che sono consigli assolutamente non richiesti?

Ho ritirato Simone da un corso, e mi sono sentita dire che “non ho polso” sia da una responsabile che dalla receptionist, per dire (la receptionist! Lo giuro!! Non sapevo le prendessero laureate in pedagogia!! Ah, dite di no?! Eppure sembrava dar fiato alla bocca con aria altezzosa e sicura di sé… MAH!).

Ho provato ad invogliarlo e rassicurarlo, ma era semplicemente disperato all’idea che invece di fare l’attività con me sarebbe stato con una sconosciuta, ed io, madre morbosa senza polso, dopo poco me lo sono preso in braccio portandolo via e chiedendogli scusa.

Dal loro punto di vista probabilmente me la sarei dovuta filare al bar a prendermi un caffè.

La chicca migliore è stata:

“Amore, come mai piangi?! (in braccio a me)”

Simone: “Voglio andare a casa”

“Eh no! Adesso sei qui e non vai via finché non vanno gli altri!”

SCUSA?! Fino a prova contraria mio figlio esce da qui all’istante dopo aver tastato il tuo grado di sensibilità, ma figurati!

Lo decido IO, quando esce MIO figlio, bellezza!

Tu torna pure a fare la guardia ad Alcatraz, che mi pare ti trovassi bene.

Comunque invece la sua “signorina istruttrice” era brava, per spezzare una lancia a favore…

La scorsa volta (questa sarebbe stata la seconda lezione) lo aveva coinvolto subito e si era divertito tantissimo…

Dal canto mio l’ho iscritto perché ha voluto lui, aveva visto i bimbi fare i corsi quando andavamo insieme… Forse non aveva ben capito la dinamica, ovvero che le mamme uscivano e che la signorina era una sconosciuta… Io glielo avevo spiegato, ma forse lui si è sopravvalutato…

In ogni caso non lo vivo come un fallimento, né mio né suo (del sistema? Eh, del sistema un po’ sì… Io penso che Continua a leggere