Be sweet, be a Mother

Crescere i figli… tra alto contatto ed ironia

“Al colloquio la maestra mi ha detto che…”: I danni (inconsapevoli) delle educatrici

19 commenti

Simone ha disegnato la mamma!

Tempo di colloqui e tempo di outing.

Tempo di colloqui per me come mamma di un bimbo che ha appena iniziato la scuola materna (oddio, appena… Ormai è quasi finito l’anno) e con me tutte voi genitrici di pargoli dai 3 ai 6 anni.

Tempo di colloqui anche come educatrice, con genitori che vengono da me sperando di sentirsi dire solo cose positive.

Tempo di outing per tutte quelle volte in cui sentivo le venerande parole “Eh, ma tu non sei mamma…”.

Già ne ero consapevole al tempo, della verità innegabile celata dietro a questa frase, ma in questi sette mesi in cui mi sono trovata a ricoprire entrambi i ruoli ci ho proprio sbattuto i denti.

Eh, perché un po’ fa male.

Pensavo di essere un’educatrice buonissima/pazientissima/imparziale e forse lo sono anche, ma per quello che lo si può essere con i figli degli altri… Perché mi rendo conto, ogni giorno, che la pazienza che dedico a Simone è infinitamente più grande, che l’imparzialità di giudizio va a farsi friggere e che trovare la giusta via di mezzo tra il rigore scolastico e l’amore immenso è una lotta da cui esco quasi sempre vinta.

E così ieri ero io quella che si avviava al patibolo del giudizio di un altro su mio figlio.

Statene certi, dove voi vedete un atteggiamento “particolare” le educatrici vedono un problema, e mi ci metto dentro.

Ho demolito una ad una le speranze della mamma e del papà di I. a febbraio, un’ora e mezza di faccia a faccia durante la quale ho snocciolato una per una le lacune, le regressioni, le incertezze di quella bambina.

Questo non perché mi facesse piacere, ma perché “da protocollo”, come dei medici, non possiamo dare speranze o illusioni di risultati difficilmente raggiungibili.

E mi spiace ogni volta da morire, ma la verità è che, specialmente lavorando con i bambini diversamente abili, nel momento in cui i genitori coltivano aspettative altissime ed irrealizzabili è meglio riancorarli un attimo a terra, in modo che si forniscano degli strumenti adeguati per aiutare il proprio bambino a fare un passo per volta e non voli pindarici.

Per il bene dei bambini insomma.

Ecco, da educatrice io queste cose le vedo tutte, da mamma a quanto pare meno.

“Simone è molto, molto, molto intelligente (bene!) … Purtroppo i suoi interessi così “avanti” lo penalizzano nella socializzazione, trova poco da spartire con gli altri bambini ed a volte tende ancora ad isolarsi, a non dare ascolto, a riproporre qualche stereotipia, come contare velocemente all’indietro in inglese…”

Ecco, di avere un bambino sui generis lo sapevo eh, mica sarà “normale” uno che ad un anno e mezzo ti sa leggere i numeri… Ma quelle parole mi hanno colpita nel profondo, per un momento (anche due) ho desiderato un figlio alla Ralph Spaccatutto, uno di quelli che poi a trent’anni lo trovi prima allo stadio tra gli ultras dell’Atalanta e poi al bar con i suoi amici buzzurri. Perché? Perché almeno in questa descrizione di rozzi provincialotti compare la parola AMICI.

Ecco, io lo so, che la sua maestra il mio pensiero non l’ha intuito.

Perché non è mamma (ed apprezzo la sua intelligenza nell’ammettere la “lacuna”).

Esattamente come io non comprendo a pieno i pensieri ed i sentimenti dei genitori dei bambini che seguo, perché io un bambino come il loro non ce l’ho.

E allora mi scuso, per tutti gli sconforti che ho creato, per le parole troppo tecniche che ho usato e per il modo grezzo con cui ho comunicato.

Tra l’altro non ho mai brillato per diplomazia, quindi se ci fosse una fascia di “spaccacuori” probabilmente la vincerei honoris causa.

Mi dispiace.

Ma è giusto così.

Una volta metabolizzato il colpo che il mio Patato non è il leader della classe (ma come no?! Io e tuo padre siamo dei trascinatori nati! -uff, mamme, papà, quando smettiamo di proiettare noi stessi sui nostri eredi?), una volta ricalibrate le parole appena scritte con quelle che sono seguite, in cui mi si è detto che comunque rispetto all’inizio è molto migliorato, che i compagni lo cercano e che bene o male è inserito nel gruppo, ecco che la stoccata serve a darmi gli strumenti: socializza poco? Facciamolo stare di più con i coetanei!

Andremo di più in ludoteca, magari in piscina, o in qualche altro posto.

E soprattutto, sapete a cosa serve scontrarsi con la realtà? Ad accettarla.

Pensavo che all’asilo passasse ore intere a giocare con gli altri, non è così.

Mi piacerebbe che lo fosse? Certo.

Ma i nostri bambini sono quello che sono, hanno il loro carattere, hanno i loro tempi, hanno le loro peculiarità.

E non me ne frega niente se Simone non avrà la comitiva da trenta adolescenti in motorino, meglio pochi ma buoni.

L’importante è che sia felice.

L’importante è che I. sia felice. Anche se continua a girare intorno alle siepi invece di stare con i compagni, anche se non sa contare, anche se non sa dialogare. Ride tutta la mattina, va bene così.

P.S. E poi sono sicura che Simone al MIT si integrerà di brutto (eccole: aspettative altissime! ;P)…!

Autore: Michela

Mamma ad alto contatto, laureata in psicologia dell'età evolutiva, vegana, filorientale. Nel mio blog parlo di maternità, di risparmio e della scelta vegan. Con ironia!

19 thoughts on ““Al colloquio la maestra mi ha detto che…”: I danni (inconsapevoli) delle educatrici

  1. Io credo che Simone sia così intelligente da avere già capito cosa si aspetta da un rapporto di amicizia e che nel gruppo che sta frequentando non l’ha ancora trovato. Del resto, è capitato e capita anche a noi di non riuscire a condividere esperienze e sentimenti con alcune persone che “dobbiamo” frequentare, no? Sono d’accordo con te: è giusto fargli frequentare altri gruppi, ma non perché debba forzatamente socializzare ma perché sarà una bella emozione quando scoprirà se stesso anche in un altro suo coetaneo e comincerà ad aprirsi, come forse sta già cercando di fare. Già, sarà una bella emozione sia per lui che per te. Tempo al tempo, arriverà 🙂
    Il tuo modo di fare autocritica è, comunque, un ulteriore passo sulla strada dell’impegno nel cercare di essere obiettiva con tuo figlio senza rischiare di proiettare, come hai ammesso, speranze e desideri come, ahimè, facciamo un po’ tutte! E non tutte siamo così brave ad ammetterlo.

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  2. Sono sicura che lo troverà, vi auguro al più presto! 🙂 ♥

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  3. Tre anni fa ho vissuto la tua stessa esperienza e soprattutto mi sono sentita dire le stesse cose. Vorremmo il figlio perfetto, che piace a tutti (insegnanti compresi) e trascinatore di folle di bambini entusiasti che lo cercano e lo amano….ebbene, ti consiglio di parlare con gli altri genitori, io alla fine ho scoperto che le stesse cose che hanno detto a te ( come a me) le hanno dette a quasi tutti i bambini del primo anno, la maggior parte dei bambini di tre anni tende ad isolarsi , di solito le femmine sono piu’ spigliate, ma i maschietti sono quasi tutti cosi’. Crescera’ e cambiera’, o comunque trovera’ il suo equilibrio con uno due o cento amici!

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    • Ah no, io non voglio assolutamente il figlio “perfetto”! Sicuramente c’è un “prototipo di figlio” che ci si immagina, diciamo che nella mia mente il “treenne medio” è uno che passa la maggior parte del tempo a giocare col fango e che se proprio deve stare a tavolino disegna, disegna, disegna… Ecco, che Simone fosse “di un’altra razza” lo avevamo capito da tempo e, a parte la difficoltà di mettersi sulla sua onda (io avevo milioni di lavoretti in mente ed invece mi tocca fare la matematica, pensavo di doverlo trascinare a forza a casa dal parco ed invece è esattamente l’opposto), va benissimo; la parola “isolamento” però fa brutto a tutti… Solo che se lo dici come educatrice pensi “si isola, ci inventeremo qualcosa”, se lo senti come mamma scatta l’ “OH MIO DIO :(“. Ma ieri quando sono andata a prenderlo si stava rotolando con una compagna… 😀

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  4. Ciao michela dalle descrizioni che dai di tuo figlio sembrerebbe un bimbo plusdotato… cerca sul web plusdotazione … ho letto un articolo illuminante sullo scorso numero di uppa…
    Poi facci sapere. … complimenti per tutto.

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  5. Ciao sono Marzia e sono arrivata a questo tuo post non so come.
    Mio figlio ha ormai 9 anni ma ho rivisto nel tuo bambino alcune delle cose che ci hanno fatto vivere in modo orribile gli anni della materna.
    Ovviamente mi auguro che sia per voi una fase come tante altre ma se avessi bisogno di qualche informazione sulla plusdotaizone, sul LabTalento di Pavia e l’associazione dei genitori collegata puoi leggerne sul mio blog o scrivermi (trovi lì tutti i riferimenti).
    Scusa se mi sono permessa ma quando il mio bambino aveva l’età del tuo non avevo alcuna informazione e neppure la tua esperienza come insegnante, quindi arrivare a mettere almeno qualche tassello del nostro puzzle al suo posto è stato molto difficile.
    Certo per noi la plusdotazione è solo un pezzo della storia e i problemi di socializzazione di mio figlio molto profondi ma diciamo che un bel po’ di esperienza ce la siamo fatta!
    In bocca al lupo con il tuo bimbo (forse al MIT incontrerà il mio :D)!

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  6. Cara Michela,
    ho letto di te oggi sul blog della Staccata. Sono “Anna”, l’amica di Marzia e della Staccata. Se vuoi informazioni sull’articolo di UPPA fammi sapere come posso contattarti in privato…sono io l’autrice dell’articolo. Puoi anche scrivere alla redazione di UPPA. gireranno a me il tuo contatto. Aspetto notizie.

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